Chi sono

Sono nata a Milano 39 anni fa, in un quartiere periferico che oggi è uno dei più popolati da stranieri. A giugno dell'89 ero davanti al consolato cinese a Milano per protestare contro il massacro di piazza Tianamen. A settembre '89 mi sono trasferita a Roma per iscrivermi a Sociologia, e poco dopo è scoppiato il movimento della Pantera; tra un lavoro precario e l'altro per pagarmi gli studi, ho fatto parte del collettivo politico di Sociologia e poi mi sono avvicinata a Senzaconfine per aiutare alcuni amici immigrati. Qui ho conosciuto Dino Frisullo e tanti altri, italiani e stranieri, che insieme lottavano per i diritti di cittadinanza, sia con iniziative politiche, sia occupandosi di ciascuna persona e dei suoi documenti. Ho cominciato facendo corsi di italiano e supportando gli avvocati dello sportello legale, che seguivano le pratiche di sanatoria della legge Martelli, di uomini e donne che Dino Frisullo, Don Luigi Di Liegro e Sher Khan, oggi tutti scomparsi, definivano “gli invisibili” e che vivevano alla Pantanella, alle case occupate di via Capo le Armi e all'ex-colonia Vittorio Emanuele di Ostia, in baracche poi sgomberate sulla via Palmiro Togliatti. Sono cresciuta politicamente a Senzaconfine, che in quegli anni è stata motore insieme alle associazioni di immigrati, all'associazionismo laico e cattolico, ai centri sociali, ai movimenti di lotta per la casa, ai sindacati di numerose battaglie a livello locale – per l'accoglienza, per l'utilizzo di spazi comunali a fini sociali - ma anche nazionale con la Rete Antirazzista. Nel '95 ho partecipato alla raccolta di firme per tre leggi d'iniziativa popolare: semplificazione delle pratiche per la cittadinanza, civilizzazione delle pratiche di soggiorno, diritto di voto amministrativo agli immigrati. Ho partecipato a vari scioperi della fame per il rilascio dei permessi di soggiorno, da quello del '95 per il decreto Dini, al 2001 per le pratiche ancora bloccate della legge Turco Napolitano, culminata con la carovana dei diritti dei migranti. Nel '98 ho partecipato alla delegazione che si è recata in Kurdistan, il “paese che non c'è”, in occasione del processo contro Dino Frisullo arrestato dalle autorità turche per il suo sostegno alla lotta dei kurdi. Nello stesso anno ho manifestato insieme a centinaia di kurdi giunti a Roma da tutta Europa per la libertà del loro presidente Ocalan davanti all'ospedale militare del Celio. Nel frattempo è nata Marta, mia figlia e di Alfonso, e mi sono laureata. A fianco all'attività militante mi sono specializzata con un master sull'immigrazione e ho iniziato a collaborare con contratti precari con alcuni istituti di ricerca nel campo dell'immigrazione e dell'asilo politico. Dopo la scomparsa di Dino Frisullo, nel 2003, sono stata eletta Presidente di Senzaconfine. Nel 2004 ho partecipato a fianco dei richiedenti asilo eritrei e sudanesi che occupavano alcuni capannoni nei pressi della stazione Tiburtina e a molte altre associazioni all'esperienza del coordinamento dei rifugiati di Roma-Tiburtina. L'anno seguente ho partecipato alla raccolta di 8000 firme su una delibera d'iniziativa popolare che chiedeva al sindaco di Roma Veltroni di estendere il diritto di voto ai cittadini stranieri residenti, mai discussa dal consiglio comunale. In questi anni ho partecipato a delegazioni che sono entrate nei centri di detenzione amministrativa e centri per richiedenti asilo, con l'intento di denunciarne le condizioni, e uscendone sempre con in mano fogli di carta su cui appuntare nomi e numeri di telefono di persone i cui diritti erano stati negati. Insieme ad avvocati e operatori eccezionali, mandiamo avanti uno sportello socio-legale gratuito senza finanziamenti pubblici da vent'anni. Ho partecipato al percorso di proposizione della legge regionale sull'immigrazione del Lazio approvata poi nel 2008, in particolare proponendo un Osservatorio antirazzista in grado di intervenire in maniera autonoma dando risposte concrete alle vittime di discriminazione. Attualmente sto facendo un dottorato di ricerca in Teoria e Ricerca Sociale alla Sapienza, e coordino il premio per tesi di laurea intitolato a Dino Frisullo, cui partecipano vari professori universitari ed esperti di immigrazione e protezione internazionale.

martedì 16 marzo 2010

Ponte Galeria: Rita Bernardini e Alessia Montuori visitano il CIE dopo la rivolta di sabato scorso

Ieri 15 marzo l’On. Rita Bernardini, parlamentare radicale del Partito Democratico, si è recata in visita a Ponte Galeria, accompagnata da Alessia Montuori dell’associazione Senzaconfine. Dopo la visita dell’Alto Commissario per i diritti umani Navy Pillay, e dopo la rivolta di sabato scorso, era la prima visita al CIE dopo il cambio di gestione che ha portato la cooperativa Auxilium a sostituire la Croce Rossa. E l’atmosfera era un po’ da “Day After”: tutti gli operatori mobilitati per dare una immagine di efficienza ed umanità. Purtroppo però è stato possibile visitare la sezione femminile ma non quella maschile, evidentemente ancora non del tutto “tranquilla”: erano presenti 156 uomini e 121 donne, tra cui una signora ucraina con un lavoro da badante fermata dalla polizia prima che la sua datrice di lavoro potesse presentare la domanda di sanatoria a settembre scorso, inoltre una ragazzina rumena di diciotto o diciannove anni che non aveva potuto finora parlare con l’associazione che si occupa di tutela delle vittime di tratta.

Il direttore del centro ha mostrato alcuni contenitori con pasti confezionati che evidentemente non erano stati consumati, se ne deduce che alcuni trattenuti ieri non hanno mangiato, come conferma uno di loro stamattina al telefono, il quale riferisce di una decina di persone che tuttora rifiutano di mangiare. La convenzione con la Prefettura prevede solo tre operatori per l’”orientamento normativo”, fra cui un solo avvocato; il presidio sanitario interno non è sufficiente a garantire l’assistenza richiesta, soprattutto le visite specialistiche. Il CIE si conferma un luogo dove i diritti sono sospesi, e l’allungamento dei tempi di trattenimento fino a sei mesi risulta essere un’inutile pena aggiuntiva sia per chi è al CIE perché senza permesso di soggiorno, sia per coloro che provengono dal carcere, dove evidentemente non è stato fatto abbastanza per l’identificazione.

Roma, 16 marzo 2010

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